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Ugo Di Martino - Caracas |
sabato 7 novembre 2015
Ugo Di Martino e Nello Collevecchio rappresentanti CGIE | L'inchiesta sui brogli - Francesco Forgione
Pubblicato il 26 luglio 2012 da redazione
CARACAS – Estradizione subito. E un definitivo chiarimento sui brogli elettorali avvenuti nel 2008 in America latina, in occasione delle elezioni politiche da cui uscì vittorioso il Pdl di Silvio Berlusconi. A chiederlo è il deputato Fabio Porta (Pd) dopo l’arresto a Caracas di Aldo Miccichè, faccendiere della ‘ndrangheta e uomo di fiducia di Marcello Dell’Utri, raggiunto giovedì da un mandato di cattura internazionale per associazione mafiosa ed ora agli arresti domiciliari.
– La notizia dell’arresto in Venezuela del latitante Aldo Miccichè è un segnale positivo in direzione di una rapida conclusione dei diversi filoni di inchiesta che riguardano le interferenze della delinquenza organizzata sul voto all’estero – dichiara Porta -, con particolare riferimento a quanto successo in Argentina e Venezuela nelle elezioni del 2008.
Troppe volte, nel corso di questi anni, abbiamo avuto notizie giornalistiche e conferme giudiziarie relativamente alla presenza di faccendieri e affaristi che hanno utilizzato in maniera impropria e illegale la presenza delle nostre collettività all’estero, tentando addirittura di infiltrarsi negli apparati dello Stato. In questo senso siamo fiduciosi che la rapida estradizione di Miccichè possa preludere ad un definitivo chiarimento e ad una urgente conclusione dell’indagine in corso sui brogli avvenuti nella consultazione politica del 2008, anche in vista della ormai imminente prossima consultazione elettorale.
Secondo il deputato, “non è più eludibile l’approvazione di una nuova legge sul voto all’estero, in grado di evitare il ripetersi di quanto successo nel 2006 e nel 2008; in Parlamento esistono già diverse proposte di legge ed una comune volontà di intervenire espressa da tutti i partiti. Si passi subito dalle parole ai fatti!”.
Forgione: “Perchè s’insabbia l’inchiesta sui brogli?
L’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione offre al ‘Fatto quotidiano’ un interessante ritratto del faccendiere calabrese.
Secondo Forgione la cattura di Miccichè è uno dei colpi più duri alle cosche calabresi perchè siamo di fronte ad un potere parallelo che tiene insieme politica e affari in una dimensione internazionale e ha come cono d’ombra la massoneria. Un potere che gli ha garantito vent’anni di impunità.
– Stiamo parlando del sistema degli affari delle società miste di Dell’Utri e Micciché per l’acquisto di gas e petrolio per conto di società legate alla Gazprom, ma anche dei rapporti per l’acquisto di società venezuelane intestate ai figli di entrambi. Soltanto nel 2008, il figlio di Dell’Utri stava a casa di Micciché per mettere a punto gli affari.
Poi cè l’inchiesta sui brogli elettorali, che tira in ballo la responsabile esteri del Pdl Barbara Contini – che “era ospite nella villa di Caracas del latitante calabrese”, il quale la accompagnava fedelmente durante la campagna elettorale – e il suo collaboratore Filippo Fani.
– Bisogna capire il perché la Procura di Roma, in questi anni, ha insabbiato l’inchiesta visto che dalle intercettazioni è emerso che, nel 2008, Micciché raccontava a Dell’Utri, che approvò entusiasta, i brogli elettorali e la distruzione delle schede in Venezuela.
L’ultimo importante capitolo è il ruolo di Micciché come terminale di informazioni che, afferma Forgione, “partivano da settori della magistratura e delle forze dell’ordine reggine, arrivavano a Caracas per poi essere trasmesse dal latitante agli uomini dei Piromalli che venivano informati delle intercettazioni e delle cimici piazzate nelle loro macchine. Tutto questo – conclude – è registrato”.
Brogli a Caracas.
Chi ha aiutato Miccichè?
CARACAS – Combattere personaggi del calibro di Aldo Miccichè non è certamente cosa da poco. Soprattutto quando si sanno circondare di persone… disponibili e le condizioni sono favorevoli.
Durante le elezioni del 2008, l’intenzione del faccendiere è in un primo momento quella di intercettare le schede bianche degli elettori italiani in Venezuela (l’astensionismo è alto: durante il referendum di giugno 2011 l’affluenza è stata del 12,2%) e su queste barrare, in prima persona, la casella del Pdl. “Basterà pagare qualche addetto ai lavori – diceva in una telefonata al senatore berlusconiano Marcello Dell’Utri -. I responsabili delle votazioni si tapperanno entrambi gli occhi quando qualcuno dei nostri si preoccuperà di recuperare tutte le schede bianche e barrare la casella col simbolo Pdl”. E ancora: “Provvederò che presso ogni Consolato ci sia la nostra presenza segreta per i cosiddetti voti di ritorno”. Chi erano questi “addetti ai lavori” corrotti da Miccichè? Chi i “responsabili delle votazioni”? Da chi era composta la “presenza segreta”? Persone rispettabili della nostra collettività, capaci di intrufolarsi nel sistema? Non dimentichiamoci quando, al telefono con Filippo Fani, Aldo Miccichè fa riferimento al membro del Cgie, Nello Collevecchio, e ad un tale Ugo, facilmente riconducibile al signor Di Martino, anche lui membro del Cgie, presentati alla collettività italiana in Venezuela come candidati Pdl proprio da Barbara Contini. Perché il faccendiere, mentre parlava con Fani dei suoi loschi piani, ha tirato fuori questi due nomi?
Le incognite continuano.
Quando le cose iniziano a non andare per il verso giusto e presa la decisione di bruciare in un falò le schede già regolarmente votate, Miccichè si impossessa dei plichi che si trovavano all’interno del Consolato generale d’Italia di Caracas. È quindi lecito chiedersi: se è entrato in azione di notte, quale funzionario lo ha fatto entrare? Chi era di guardia? Le domande si moltiplicano nell’ipotesi che il furto sia avvenuto in pieno giorno, a Consolato aperto. Chi gli ha permesso di andarsene con i voti degli italiani sottobraccio?
Insomma: le elezioni per corrispondenza degli italiani all’estero, oltre ad essere minate di inghippi di ogni tipo, non sono sicure. Ricordiamo l’ultimo referendum: in tanti non hanno ricevuto la scheda per votare e, quando l’hanno richiesta, hanno scoperto di essere scomparsi dalle liste Aire; altri si sono ritrovati in mano certificati elettorali inverosimili secondo i quali erano nati nell’Ottocento o alla fine del Terzo millenio: “Posso votare se risulto non ancora nato?” si chiedeva qualcuno. Infine non dimentichiamo i disagi sofferti al momento di votare presso il Consolato a Caracas, quando ad un certo punto le cassette postali strabordavano ed era impossibile riporvi nuove schede ed i voti dei nostri connazionali sono quindi stati affidati alla ‘buona fede’ di funzionari del Consolato e impegati. Un gesto che, con uno sguardo al passato rivolto agli “addetti ai lavori” di Miccichè e al suo misterioso ‘lasciapassare’ al Consolato, non è certo piaciuto ai nostri connazionali elettori.
Tutto il male, comunque, non viene per nuocere. E questa ennesima caduta d’immagine del Pdl all’estero fa certo comodo a qualcuno. Alle opposizioni, per esempio. Non a caso Ricky Filosa, direttore del quotidiano on line ‘Italiachiama italia’, commentando da Santo Domingo l’arresto di Miccichè si affretta a scrivere: “Il Pdl nel mondo, già fortemente screditato, esce a pezzi da questo ennesimo scandalo che ne sancisce la morte politica. Ricardo Merlo ed il suo movimento hanno oggi, più che mai, la responsabilità di offrire agli elettori moderati un progetto politico alternativo e credibile che cancelli gli orrori di questi anni”.
Peccato che il giornalista, che il deputato Merlo ha nominato “Coordinatore del Maie in America Centrale”, si sia dimenticato di dire che nella sezione venezuelana di questo promettente movimento politico, spuntano ai vertici proprio i nomi tirati in ballo da Miccichè in una delle sue telefonate: Nello Collevecchio e Ugo Di Martino.
Monica Vistali
http://voce.com.ve/2012/07/26/44295/caso-micciche-porta-pd-chiarimenti-sui-brogli-del-2008/
mercoledì 28 ottobre 2015
Massoneria made in USA: Henry Ford e Albert Pike | Socialismo scientifico ed élitarismo intellettuale
Ciò che differenzia nettamente la storia della Massoneria nei Paesi di lingua inglese e soprattutto negli Stati Uniti da quella della Massoneria latina è in primo luogo il fattore numerico. Data la capillare diffusione dell’istituzione, a partire dagli anni Trenta del 1700 (oggi si contano negli Stati Uniti 49 Grandi Logge, con più di tre milioni di affiliati), non la si è potuta in linea di massima gravare di tutte le diffidenze che nella percezione collettiva si associano al termine “setta”, compreso il ricorrente sospetto di cospirazione contro l’ordine costituito. Inoltre la pluralità delle confessioni religiose ha evitato che un lungo contrasto con la Chiesa cattolica producesse gli effetti dannosi verificatisi nei Paesi europei.
Ciò ha comportato un più stretto e più trasparente intreccio tra la storia massonica e quella collettiva e la frequente identità dei vertici della gerarchia massonica con quelli del potere politico, civile ed economico. Basti ricordare che, vera e propria officina naturale della leadership del Paese, la Massoneria statunitense ha annoverato numerosi presidenti.
Ma anche negli USA la Massoneria non ha potuto sottrarsi al confronto con la storia e affrontarne le contraddizioni. Se ne può per esempio ricordare il pronunciamento contro il Comunismo, nel 1948, che contrasta con il principio secondo il quale l’istituzione in quanto tale non può e non deve politicamente schierarsi. Perplessità ancora maggiori suscita la questione dei rapporti con la popolazione di colore. Per quanto giunta a dissociarsi da organizzazioni come il Ku Klux Klan, non si può dimenticare che, almeno dell’ala moderata, di esso fece parte quell’Albert Pike cui si deve la sistemazione dei gradi scozzesi ancora adottata negli USA. La tradizione razzista di alcuni Stati pesa ancora nella composizione delle relative logge, composte esclusivamente da bianchi anche se non vi sono preclusioni formali all’ingresso dei neri. Questi ultimi, d’altra parte, preferiscono confluire nelle Grandi Logge per sola gente di colore tutte denominate “Prince Hall”, dal nome di chi, alla fine del settecento, fondò la prima (e oggi sono trentanove).
Gli inevitabili condizionamenti ideologici cui è stato e forse è tuttora esposto il massone americano sono particolarmente evidenti in un personaggio che ha contribuito a cambiare lo stile di vita di tutto il mondo: Henry Ford (1863-1947), fondatore nel 1903 dell’omonima società automobilistica. Maestro massone della Loggia “Palestine” di Detroit, adattò l’etica massonica a una visione del mondo improntata all’élitarismo intellettuale (difese la catena di montaggio affermando tra l’altro che “per certi tipi di cervelli il pensare è proprio una pena”); interpretò riduttivamente il comandamento biblico “Non rubare” come il fondamento sacro della proprietà privata; arrivò, da posizioni opposte rispetto a quelle del Socialismo scientifico, a individuare nel lavoro la specificità positiva dell’uomo. Soprattutto promosse una violenta campagna antisemita, ottenendo che nel 1921 venisse approvata una legge restrittiva sull’emigrazione, avente anche lo scopo di contenere l’afflusso di Ebrei negli Stati Uniti d’America.
Ciò ha comportato un più stretto e più trasparente intreccio tra la storia massonica e quella collettiva e la frequente identità dei vertici della gerarchia massonica con quelli del potere politico, civile ed economico. Basti ricordare che, vera e propria officina naturale della leadership del Paese, la Massoneria statunitense ha annoverato numerosi presidenti.
Ma anche negli USA la Massoneria non ha potuto sottrarsi al confronto con la storia e affrontarne le contraddizioni. Se ne può per esempio ricordare il pronunciamento contro il Comunismo, nel 1948, che contrasta con il principio secondo il quale l’istituzione in quanto tale non può e non deve politicamente schierarsi. Perplessità ancora maggiori suscita la questione dei rapporti con la popolazione di colore. Per quanto giunta a dissociarsi da organizzazioni come il Ku Klux Klan, non si può dimenticare che, almeno dell’ala moderata, di esso fece parte quell’Albert Pike cui si deve la sistemazione dei gradi scozzesi ancora adottata negli USA. La tradizione razzista di alcuni Stati pesa ancora nella composizione delle relative logge, composte esclusivamente da bianchi anche se non vi sono preclusioni formali all’ingresso dei neri. Questi ultimi, d’altra parte, preferiscono confluire nelle Grandi Logge per sola gente di colore tutte denominate “Prince Hall”, dal nome di chi, alla fine del settecento, fondò la prima (e oggi sono trentanove).
Gli inevitabili condizionamenti ideologici cui è stato e forse è tuttora esposto il massone americano sono particolarmente evidenti in un personaggio che ha contribuito a cambiare lo stile di vita di tutto il mondo: Henry Ford (1863-1947), fondatore nel 1903 dell’omonima società automobilistica. Maestro massone della Loggia “Palestine” di Detroit, adattò l’etica massonica a una visione del mondo improntata all’élitarismo intellettuale (difese la catena di montaggio affermando tra l’altro che “per certi tipi di cervelli il pensare è proprio una pena”); interpretò riduttivamente il comandamento biblico “Non rubare” come il fondamento sacro della proprietà privata; arrivò, da posizioni opposte rispetto a quelle del Socialismo scientifico, a individuare nel lavoro la specificità positiva dell’uomo. Soprattutto promosse una violenta campagna antisemita, ottenendo che nel 1921 venisse approvata una legge restrittiva sull’emigrazione, avente anche lo scopo di contenere l’afflusso di Ebrei negli Stati Uniti d’America.
La Massoneria – Il vincolo fraterno che gioca con la storia, Giunti editore
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sabato 10 ottobre 2015
Comunione e liberazione: la compagnia degli "affari loro" | Una natura morta di Enrico Cajati
[...] La destra
blatera di tolleranza zero, ma non si accorge di governare da due
decenni la capitale europea della cocaina. Come l'ha definita uno
scienziato serio, Silvio Garattini, analisi di laboratorio alla mano:
sei milioni di dosi spacciate ogni anno, oltre qindicimila al giorno.
Non solo nelle discoteche, ma anche nei ristoranti, negli uffici, per
strada.
La Lega è così
radicata nel territorio, da armare ronde contro i poveracci, senza
accorgersi che chi comanda l'esercito di spacciatori, affitta ai
clandestini, traffica in armi e appalti sono i capi della 'ndrangheta.
Il severo cattolicesimo ambrosiano, che non manca una messa la domenica,
e neppure un affare dal lunedì in poi, finge di non sapere da dove
arrivano i capitali per finanziare le imprese, la colata di cemento, la
corsa all'oro nella quale sguazzano fra gli altri i compagnucci di
Comunione e Liberazione.
Curzio Maltese (LaRepubblica 6/8/2010)
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Enrico Cajati, Natura morta |
martedì 27 gennaio 2015
Eduardo Giacchetti nel collegio di Chiaia | La Propaganda, organo regionale socialista
La Propaganda - organo regionale socialista
La lotta di oggi nel collegio di Chiaia
I socialisti, i repubblicani, i radicali, tutti i cittadini che tengono al libero controllo della stampa e alla moralità pubblica voteranno per il recluso
EDUARDO GIACCHETTI
Oggi, la canaglia (Gennaro Aliberti, ndr) celebra a Chiaia i suoi saturnali. Da una parte la reazione in marsina e dall'altra quella in giacca, l'una fermentata dal lievito religioso e l'altra semovente all'ombra del bandierone liberale che, da oltre un quarantennio, covre e protegge le porcherie più grosse e le viltà peggiori. Capece Minutolo di Bugnano e Cucca di Talamo si equivalgono nella concezione reazionaria che essi hanno della politica: l'uno e l'altro guardano lo Stato come l'ente protettore del popolo, come la piscina probatica nella quale chi si tuffa è salvo, e credono che il deputato, il così detto rappresentante del paese - di cui, per la restrittiva legge elettorale, va alle urne una percentuale assai bassa - sia né più né meno che un servitore: servitore del ministero e degli elettori, a un tempo, che deve dare il voto all'uno per ottenerne i piccoli favori e le minute concessioni a vantaggio degli altri.
Lontana è dalla loro coscienza la visione di una società che viva della cooperazione e nella cooperazione di tutti e che si voglia e si sappia amministrare con la propria diretta sorveglianza e col libero controllo di chicchessia e che a piacimento, e quando le torni comodo, rinnovi le proprie delegazioni e le trasformi. Ed è lontano dal loro cervello anche l'abbozzo di un qualunque programma politico.
L'uno e l'altro promisero ferrovie, ponti e strade, licei, ginnasii ed asili d'infanzia, e le croci di cavaliere e di commendatore della molto ospitale corona furon fatti da entrambi balenare innanzi alla dabbenaggine presuntuosa degli elettori: nessuno dei due si è sognato di parlare della miseria delle mille creature umane, le quali se potessero andare alle urne (da cui le tien lontane la provvida mano della borghesia sfruttatrice) voterebbero solo per chi invoca e propugna, mediante la rivoluzione dei rapporti sociali, il dovere del lavoro per tutti e per tutti il diritto alla giustizia.
L'uno, ambiziosetto e impaziente di pervenire, pare abbia anche egli sollecitata la protezione governativa che l'altro ottenne: e ci vien riferito che entrambi, incontratisi tempo fa in prefettura, si sarebbero scambievolmente dichiarato che l'uno avrebbe ceduto il passo a quello che avesse ottenuto l'appoggio governativo: a tal patto, rompendo la fede, uno avrebbe dunque mancato. Non ci preme affatto l'incidente nella parte che si riferisce al (chiamamolo così) tradimento. Guardiamo invece col disgusto e con la nausea questi avvenimenti.
[...] il Roma ha ieri, dalle libere sue colonne, protestato per le turpitudini che la Pubblica Sicurezza commise contro i partiti popolari propugnanti la candidatura di un operaio immacolato, di Eduardo Giacchetti, contro la candidatura nera di Capece Minutolo e quella di tutti i colori del Cucca.
Noi non ci contenteremo di protestare. Faremo di più. Chiederemo, ai sensi della legge, la nullità di una elezione avvenuta in modo fraudolento e cattivo.
Dal palazzo Calabritto un giocatore di baccarat dirige, con la prepotenza più aperta, le operazioni elettorali. Mercè sua fu dato libero passo ai micidiali col segno: e i pregiudicati e gli ammoniti potettero liberamente aggredire e ferire chi meglio loro talentasse, alla presenza della forza pubblica la quale (complimenti signor Zaiotti!) fu feroce solo con noi, come risulta dalla proibizione di ogni nostro comizio.
Tutto ciò sarà denunziato al parlamento innanzi al quale Roberto Talamo dovrà pareggiare i suoi conti.
Oggi noi andiamo alle urne a deporre il nome immacolato di Eduardo Giacchetti che, gravemente infermo nel carcere, ignora le ansie nostre e le nostre speranze.
Quanti voti saranno dati al martire? Molti ne auguriamo, più che per lui, per la dignità del Collegio di Chiaia, per la vita morale di Napoli.
Nelle ragioni di questo augurio fervido è il fascino della battaglia.
La quale, comunque finisca, lascia i radicali, i repubblicani e i socialisti di Napoli fieri del compiuto dovere e del servigio reso alla città.
Per opera dei partiti popolari non sarà lecito domani rimproverare al nostro paese di aver assistito, senza protesta, a un duello elettorale fra due campioni indegni di toccar la palma della vittoria.
E il popolo avrà una volta ancora compreso come debba, affermando la sua sola e insostituibile e non delegabile sovranità, provvedere al suo avvenire.
La Propaganda
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La Propaganda organo regionale socialista |
martedì 8 luglio 2014
"Le Pharaon", olio su tela | Ministero degli Esteri - Viaggiare sicuri... | La nipote di Franco Chirico
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Le Pharaon, olio su tela - Gianluca Salvati - Caracas 2005 |
Il quadro Le Pharaon è
un olio su tela realizzato a Caracas fra il febbraio e il maggio del
2005. Il dipinto si ispira sia a quell'autentico capolavoro che è il Cristo morto di Andrea Mantegna sia alla foto di Che Guevara ammazzato dai fascisti al soldo degli yankee.
Il tema non è casuale, pochi mesi prima di realizzarlo, tra il Natale 2004 e l'epifania 2005, avevo subito un avvelenamento che mi aveva tenuto appeso ad un filo per diversi giorni.
Non solo l'avvelenamento non era un fatto casuale ma era piuttosto eccezionale che per quei tempi, chiamato da una funzionaria del Ministero degli Esteri, fossi ancora senza contratto di lavoro; di conseguenza, dal 27 dicembre diventatai anche clandestino a tutti gli effetti.
Clandestino e moribondo.
Come ho capito in seguito, non era un caso che fossi stato chiamato ad insegnare a Caracas dalla funzionaria del Ministero degli Esteri, Anna Grazia Greco, la fuorilegge. Questo trattamento anticostituzionale da parte di una funzionaria della Pubblica Amministrazione, non ha impedito nel 2008, ad alcuni porci fascisti di quello stesso ministero, detto anche Farnesina, di diffamarmi. Ero ritornato a Caracas per riscuotere l'assegno della causa vinta contro il Codazzi e mi ero rivolto prima alle istituzioni italiane presenti sul territorio e successivamente all'unità di crisi ministero stesso, contattata dai miei familiari. E quale sorpresa vedere che tutte le mie affermazioni venivano costantemente distorte e rivolte contro di me, in sostanza quegli infami patentati mi stavano facendo passare per paranoico, quelle specie di impotenti, cornuti figli di troia che si nascondono dietro l'istituzione del Ministero degli Affari Esteri.
Non avevo immaginato che potesse esserci un'unica mafia a gestire il tutto da Roma al Venezuela. Ma tant'è: non si finisce mai d'imparare...
Le sorprese non finiscono qui.
Al mio arrivo a Caracas nel 2004, avevo scoperto che un conoscente dei miei genitori, il principale editore del Cammino Neocatecumenale, Franco Chirico, aveva famiglia proprio nel quartiere dove avevo trovato lavoro e abitazione.
Franco Chirico, quel sant'uomo, ha sempre minimizzato sulla questione sia coi miei genitori che con i miei familiari.
Di fatto, quando ho conosciuto nel 2008 la nipote di Franco Chirico, la sensazione che quella tipa insignificante fosse una presenza alquanto familiare per me, ovvero di aver avuto quella sciacquetta davanti ai coglioni in diverse occasioni, ecco: quella sensazione lì è stata molto netta e precisa.
Franco Chirico è il principale editore della setta cattolica dei neocatecumenali ed è amico di Kiko Arguello.
Kiko Arguello, già ex pittore fallito, è il leader de movimento del Cammino Neocatecumenale e loro santino ante litteram.
Sono anni ormai, più di venti, che Franco Chirico col suo gruppo di neocatecumeni è ospite della parrochia dei padri Rogazionisti alla Pineta di Napoli.
Il tema non è casuale, pochi mesi prima di realizzarlo, tra il Natale 2004 e l'epifania 2005, avevo subito un avvelenamento che mi aveva tenuto appeso ad un filo per diversi giorni.
Non solo l'avvelenamento non era un fatto casuale ma era piuttosto eccezionale che per quei tempi, chiamato da una funzionaria del Ministero degli Esteri, fossi ancora senza contratto di lavoro; di conseguenza, dal 27 dicembre diventatai anche clandestino a tutti gli effetti.
Clandestino e moribondo.
Come ho capito in seguito, non era un caso che fossi stato chiamato ad insegnare a Caracas dalla funzionaria del Ministero degli Esteri, Anna Grazia Greco, la fuorilegge. Questo trattamento anticostituzionale da parte di una funzionaria della Pubblica Amministrazione, non ha impedito nel 2008, ad alcuni porci fascisti di quello stesso ministero, detto anche Farnesina, di diffamarmi. Ero ritornato a Caracas per riscuotere l'assegno della causa vinta contro il Codazzi e mi ero rivolto prima alle istituzioni italiane presenti sul territorio e successivamente all'unità di crisi ministero stesso, contattata dai miei familiari. E quale sorpresa vedere che tutte le mie affermazioni venivano costantemente distorte e rivolte contro di me, in sostanza quegli infami patentati mi stavano facendo passare per paranoico, quelle specie di impotenti, cornuti figli di troia che si nascondono dietro l'istituzione del Ministero degli Affari Esteri.
Non avevo immaginato che potesse esserci un'unica mafia a gestire il tutto da Roma al Venezuela. Ma tant'è: non si finisce mai d'imparare...
Le sorprese non finiscono qui.
Al mio arrivo a Caracas nel 2004, avevo scoperto che un conoscente dei miei genitori, il principale editore del Cammino Neocatecumenale, Franco Chirico, aveva famiglia proprio nel quartiere dove avevo trovato lavoro e abitazione.
Franco Chirico, quel sant'uomo, ha sempre minimizzato sulla questione sia coi miei genitori che con i miei familiari.
Di fatto, quando ho conosciuto nel 2008 la nipote di Franco Chirico, la sensazione che quella tipa insignificante fosse una presenza alquanto familiare per me, ovvero di aver avuto quella sciacquetta davanti ai coglioni in diverse occasioni, ecco: quella sensazione lì è stata molto netta e precisa.
Franco Chirico è il principale editore della setta cattolica dei neocatecumenali ed è amico di Kiko Arguello.
Kiko Arguello, già ex pittore fallito, è il leader de movimento del Cammino Neocatecumenale e loro santino ante litteram.
Sono anni ormai, più di venti, che Franco Chirico col suo gruppo di neocatecumeni è ospite della parrochia dei padri Rogazionisti alla Pineta di Napoli.
giovedì 3 luglio 2014
Nascita di un'onorata associazione a delinquere | L'associazione "Agustin Codazzi" e il nuovo CGIE
CARACAS.- Nella scuola Agustín Codazzi 66 membri
dei 70 convocati hanno votato per eleggere i rappresentanti del futuro CGIE. Le associazioni, scelte dall’Ambasciata su segnalazione dei
Comites e in particolare dei loro Presidenti, seguendo un criterio di
discrezionalitá territoriale e di rappresentativitá, erano: per la
circoscrizione di Caracas: Centro Italiano Venezolano di Caracas, Casa
d’Italia di Maracay, Centro Italo di Valencia, Casa d’Italia di
Barquisimeto, Casa di Riposo Cristoforo Colombo, Missione Cattolica
italiana, Scuola Codazzi, Camera di Commercio, FAIV, Comitas,
Associazione Piemontese, Fogolar Furlan, FIEGIV, Centro Italo Venezolano
di Porlamar.
Per la zona occidentale Casa d’Italia di Maracaibo,
Coasit, Villa Serena, Missione Cattolica e scuola Rosmini, CIV di San
Cristobal. Per la zona orientale: Centro Italo Venezolano di Puerto
Ordaz, scuola Angelo De Marta, Associazione Siciliani di Maturín.
I tre membri scelti per rappresentarci nel CGIE sono
Nello Collevecchio che ha ottenuto 29 voti, Ugo Di Martino con 28 voti e
Michele Coletta con 25 voti.
Ci rallegra profondamente notare che anche nella
nostra collettivitá qualcosa incomincia a cambiare, che, nonostante i
brogli palesi e non, le false promesse e le velate minacce, hanno avuto
la meglio persone che, almeno fino ad oggi, hanno dimostrato onestá di
lavoro e vero interesse verso la collettivitá.
Ci duole, purtroppo, che il pessimo lavoro svolto in passato dai
“professionisti” dell’emigrazione abbia penalizzato anche chi, come
Fedora Di Marco, ha lavorato bene e con onestá. Il tempo, comunque,
aiuterá a scindere il grano dall’oglio e a dare, per un verso, il giusto
merito a chi ne ha diritto e per l’altro ad allontanare sempre piú
dalle nostre istituzioni rappresentative persone che non meritano di
rappresentare una collettivitá come la nostra. La svolta avvenuta nel
CGIE ci fa ben sperare in un futuro diverso. É importante peró ricordare
che il lavoro é un lavoro collettivito, che é importante la
partecipazione, la critica, l’apporto di tutti noi, perché “ogni popolo
ha il governo che si merita” e questo vale anche per noi.
29/06/2004 Marisa Bafile - La Voce d'Italia
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40, grafite su carte - Gianluca Salvati 2008 |
martedì 10 giugno 2014
Caracas, dicembre 2004 | L'associazione delinquenziale Agustin Codazzi | La famiglia di Franco Chirico
Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non
avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una
lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda
sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in
lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che
era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in
quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo
messo al corrente la. dott.ssa
Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era
una lingua facile da imparare... Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente
delle mie condizioni di salute, non si preoccupò
di informare
nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché
da laggiù.
Caracas, dicembre 04 |
Il collega ritornò il 4 gennaio
mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla
fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della
Sanitas.
Quando la dottoressa
e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi
vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi
prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi.
Prescrizione Sanitas |
Il giorno seguente mi
alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Per un errore di
comprensione con il tassista, non andai in una struttura Sanitas, bensì in
un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
Risultati alla mano,
telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi
aveva visitato, dato che eravamo rimasti così.
La dottoressa mi chiese i livelli di alcune
voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi
chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che
stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi,
di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale
mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi
direttamente ad una struttura Sanitas.
Così feci, nonostante
il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed
io gli evitai la molestia di chiederglielo.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi
comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a
quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o
perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da
una zanzara. Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato
dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega.
Ad ogni modo presi
per buona questa interpretazione, nonostante nei giorni successivi, alcune
colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di
dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non approfondire. Né lo
comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.
Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...
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