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40, grafite su carte - Gianluca Salvati 2008 |
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giovedì 3 luglio 2014
Nascita di un'onorata associazione a delinquere | L'associazione "Agustin Codazzi" e il nuovo CGIE
CARACAS.- Nella scuola Agustín Codazzi 66 membri
dei 70 convocati hanno votato per eleggere i rappresentanti del futuro CGIE. Le associazioni, scelte dall’Ambasciata su segnalazione dei
Comites e in particolare dei loro Presidenti, seguendo un criterio di
discrezionalitá territoriale e di rappresentativitá, erano: per la
circoscrizione di Caracas: Centro Italiano Venezolano di Caracas, Casa
d’Italia di Maracay, Centro Italo di Valencia, Casa d’Italia di
Barquisimeto, Casa di Riposo Cristoforo Colombo, Missione Cattolica
italiana, Scuola Codazzi, Camera di Commercio, FAIV, Comitas,
Associazione Piemontese, Fogolar Furlan, FIEGIV, Centro Italo Venezolano
di Porlamar.
Per la zona occidentale Casa d’Italia di Maracaibo,
Coasit, Villa Serena, Missione Cattolica e scuola Rosmini, CIV di San
Cristobal. Per la zona orientale: Centro Italo Venezolano di Puerto
Ordaz, scuola Angelo De Marta, Associazione Siciliani di Maturín.
I tre membri scelti per rappresentarci nel CGIE sono
Nello Collevecchio che ha ottenuto 29 voti, Ugo Di Martino con 28 voti e
Michele Coletta con 25 voti.
Ci rallegra profondamente notare che anche nella
nostra collettivitá qualcosa incomincia a cambiare, che, nonostante i
brogli palesi e non, le false promesse e le velate minacce, hanno avuto
la meglio persone che, almeno fino ad oggi, hanno dimostrato onestá di
lavoro e vero interesse verso la collettivitá.
Ci duole, purtroppo, che il pessimo lavoro svolto in passato dai
“professionisti” dell’emigrazione abbia penalizzato anche chi, come
Fedora Di Marco, ha lavorato bene e con onestá. Il tempo, comunque,
aiuterá a scindere il grano dall’oglio e a dare, per un verso, il giusto
merito a chi ne ha diritto e per l’altro ad allontanare sempre piú
dalle nostre istituzioni rappresentative persone che non meritano di
rappresentare una collettivitá come la nostra. La svolta avvenuta nel
CGIE ci fa ben sperare in un futuro diverso. É importante peró ricordare
che il lavoro é un lavoro collettivito, che é importante la
partecipazione, la critica, l’apporto di tutti noi, perché “ogni popolo
ha il governo che si merita” e questo vale anche per noi.
29/06/2004 Marisa Bafile - La Voce d'Italia
martedì 10 giugno 2014
Caracas, dicembre 2004 | L'associazione delinquenziale Agustin Codazzi | La famiglia di Franco Chirico
Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non
avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una
lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda
sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in
lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che
era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in
quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo
messo al corrente la. dott.ssa
Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era
una lingua facile da imparare... Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente
delle mie condizioni di salute, non si preoccupò
di informare
nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché
da laggiù.
Caracas, dicembre 04 |
Il collega ritornò il 4 gennaio
mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla
fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della
Sanitas.
Quando la dottoressa
e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi
vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi
prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi.
Prescrizione Sanitas |
Il giorno seguente mi
alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Per un errore di
comprensione con il tassista, non andai in una struttura Sanitas, bensì in
un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
Risultati alla mano,
telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi
aveva visitato, dato che eravamo rimasti così.
La dottoressa mi chiese i livelli di alcune
voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi
chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che
stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi,
di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale
mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi
direttamente ad una struttura Sanitas.
Così feci, nonostante
il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed
io gli evitai la molestia di chiederglielo.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi
comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a
quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o
perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da
una zanzara. Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato
dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega.
Ad ogni modo presi
per buona questa interpretazione, nonostante nei giorni successivi, alcune
colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di
dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non approfondire. Né lo
comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.
Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...
venerdì 15 novembre 2013
Memoria e potere, di Milan Kundera | Quel fascistello di Andrea Dorato
La lotta dell'uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l'oblio.
Milan Kundera
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Quel fascistello di Andrea Dorado - identikit |
lunedì 21 ottobre 2013
Massoneria di Rito Scozzese - grado del cavaliere Kadosh | "Los hermanitos" della ragazza di Piero Armenti
Più complessi sono le valenze e il simbolismo dei gradi addizionali propri del Rito Scozzese che in più presentano differenze notevoli nei rituali dei vari Paesi (in alcuni casi il loro snelli mento ha portato all'abolizione di alcuni gradi). Pertanto è impossibile prenderli in considerazione nel dettaglio a partire dal 4° (Maestro Segreto) fino al 330 (Sovrano Grande Ispettore Generale). Dal punto di vista dei contenuti simbolici si riscontrano un ampliamento della leggenda di Hiram e riferimenti, oltre che alla Bibbia (l'Arca Santa, per esempio), alla tradizione cavalleresca, al Templarismo, alla Rosa-Croce.
Uno dei gradi che, all'esterno della Massoneria, ha suscitato più fraintendimenti è quello del cavaliere Kadosh (o dell'Aquila Bianca e Nera), collegato alla leggenda templare con esplicito riferimento alla morte di Jacques de Molay.
Uno dei gradi che, all'esterno della Massoneria, ha suscitato più fraintendimenti è quello del cavaliere Kadosh (o dell'Aquila Bianca e Nera), collegato alla leggenda templare con esplicito riferimento alla morte di Jacques de Molay.
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Los hermanitos della ragazza di Piero Armenti - El Junkito, Caracas |
Il tema spirituale è sempre la morte-rinascita e più specificamente il tema iniziatico del distacco. Ma, come in molti miti in cui l'eroe o il dio soccombono alle forze delle tenebre, la vittima deve essere vendicata. Così questo grado è detto della vendetta, nel senso che ci si deve impegnare affinché la verità e la giustizia vincano sul male. Anche a causa della complessità di questa problematica la vendetta templare è stata erroneamente interpretata come uno degli obiettivi della Massoneria e una minaccia sempre incombente per chiunque si opponga ai suoi disegni.
La Massoneria - Il vincolo fraterno che gioca con la storia, ed. Giunti
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