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Enrico Cajati, Natura morta |
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sabato 10 ottobre 2015
Comunione e liberazione: la compagnia degli "affari loro" | Una natura morta di Enrico Cajati
[...] La destra
blatera di tolleranza zero, ma non si accorge di governare da due
decenni la capitale europea della cocaina. Come l'ha definita uno
scienziato serio, Silvio Garattini, analisi di laboratorio alla mano:
sei milioni di dosi spacciate ogni anno, oltre qindicimila al giorno.
Non solo nelle discoteche, ma anche nei ristoranti, negli uffici, per
strada.
La Lega è così
radicata nel territorio, da armare ronde contro i poveracci, senza
accorgersi che chi comanda l'esercito di spacciatori, affitta ai
clandestini, traffica in armi e appalti sono i capi della 'ndrangheta.
Il severo cattolicesimo ambrosiano, che non manca una messa la domenica,
e neppure un affare dal lunedì in poi, finge di non sapere da dove
arrivano i capitali per finanziare le imprese, la colata di cemento, la
corsa all'oro nella quale sguazzano fra gli altri i compagnucci di
Comunione e Liberazione.
Curzio Maltese (LaRepubblica 6/8/2010)
martedì 27 gennaio 2015
Eduardo Giacchetti nel collegio di Chiaia | La Propaganda, organo regionale socialista
La Propaganda - organo regionale socialista
La lotta di oggi nel collegio di Chiaia
I socialisti, i repubblicani, i radicali, tutti i cittadini che tengono al libero controllo della stampa e alla moralità pubblica voteranno per il recluso
EDUARDO GIACCHETTI
Oggi, la canaglia (Gennaro Aliberti, ndr) celebra a Chiaia i suoi saturnali. Da una parte la reazione in marsina e dall'altra quella in giacca, l'una fermentata dal lievito religioso e l'altra semovente all'ombra del bandierone liberale che, da oltre un quarantennio, covre e protegge le porcherie più grosse e le viltà peggiori. Capece Minutolo di Bugnano e Cucca di Talamo si equivalgono nella concezione reazionaria che essi hanno della politica: l'uno e l'altro guardano lo Stato come l'ente protettore del popolo, come la piscina probatica nella quale chi si tuffa è salvo, e credono che il deputato, il così detto rappresentante del paese - di cui, per la restrittiva legge elettorale, va alle urne una percentuale assai bassa - sia né più né meno che un servitore: servitore del ministero e degli elettori, a un tempo, che deve dare il voto all'uno per ottenerne i piccoli favori e le minute concessioni a vantaggio degli altri.
Lontana è dalla loro coscienza la visione di una società che viva della cooperazione e nella cooperazione di tutti e che si voglia e si sappia amministrare con la propria diretta sorveglianza e col libero controllo di chicchessia e che a piacimento, e quando le torni comodo, rinnovi le proprie delegazioni e le trasformi. Ed è lontano dal loro cervello anche l'abbozzo di un qualunque programma politico.
L'uno e l'altro promisero ferrovie, ponti e strade, licei, ginnasii ed asili d'infanzia, e le croci di cavaliere e di commendatore della molto ospitale corona furon fatti da entrambi balenare innanzi alla dabbenaggine presuntuosa degli elettori: nessuno dei due si è sognato di parlare della miseria delle mille creature umane, le quali se potessero andare alle urne (da cui le tien lontane la provvida mano della borghesia sfruttatrice) voterebbero solo per chi invoca e propugna, mediante la rivoluzione dei rapporti sociali, il dovere del lavoro per tutti e per tutti il diritto alla giustizia.
L'uno, ambiziosetto e impaziente di pervenire, pare abbia anche egli sollecitata la protezione governativa che l'altro ottenne: e ci vien riferito che entrambi, incontratisi tempo fa in prefettura, si sarebbero scambievolmente dichiarato che l'uno avrebbe ceduto il passo a quello che avesse ottenuto l'appoggio governativo: a tal patto, rompendo la fede, uno avrebbe dunque mancato. Non ci preme affatto l'incidente nella parte che si riferisce al (chiamamolo così) tradimento. Guardiamo invece col disgusto e con la nausea questi avvenimenti.
[...] il Roma ha ieri, dalle libere sue colonne, protestato per le turpitudini che la Pubblica Sicurezza commise contro i partiti popolari propugnanti la candidatura di un operaio immacolato, di Eduardo Giacchetti, contro la candidatura nera di Capece Minutolo e quella di tutti i colori del Cucca.
Noi non ci contenteremo di protestare. Faremo di più. Chiederemo, ai sensi della legge, la nullità di una elezione avvenuta in modo fraudolento e cattivo.
Dal palazzo Calabritto un giocatore di baccarat dirige, con la prepotenza più aperta, le operazioni elettorali. Mercè sua fu dato libero passo ai micidiali col segno: e i pregiudicati e gli ammoniti potettero liberamente aggredire e ferire chi meglio loro talentasse, alla presenza della forza pubblica la quale (complimenti signor Zaiotti!) fu feroce solo con noi, come risulta dalla proibizione di ogni nostro comizio.
Tutto ciò sarà denunziato al parlamento innanzi al quale Roberto Talamo dovrà pareggiare i suoi conti.
Oggi noi andiamo alle urne a deporre il nome immacolato di Eduardo Giacchetti che, gravemente infermo nel carcere, ignora le ansie nostre e le nostre speranze.
Quanti voti saranno dati al martire? Molti ne auguriamo, più che per lui, per la dignità del Collegio di Chiaia, per la vita morale di Napoli.
Nelle ragioni di questo augurio fervido è il fascino della battaglia.
La quale, comunque finisca, lascia i radicali, i repubblicani e i socialisti di Napoli fieri del compiuto dovere e del servigio reso alla città.
Per opera dei partiti popolari non sarà lecito domani rimproverare al nostro paese di aver assistito, senza protesta, a un duello elettorale fra due campioni indegni di toccar la palma della vittoria.
E il popolo avrà una volta ancora compreso come debba, affermando la sua sola e insostituibile e non delegabile sovranità, provvedere al suo avvenire.
La Propaganda
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La Propaganda organo regionale socialista |
martedì 10 giugno 2014
Caracas, dicembre 2004 | L'associazione delinquenziale Agustin Codazzi | La famiglia di Franco Chirico
Il 27 settembre 2004 cominciai ad insegnare alla scuola italo-venezuelana "Agustin Codazzi" di Caracas.
Dopo un mese di insegnamento, percepii il primo stipendio, pur non
avendo alcun contratto di lavoro. L'unico contratto che avevo, in una
lingua che non conoscevo ancora, era quello con l'azienda
sanitaria privata, la Sanitas. Questo contratto assicurativo in
lingua spagnola sembrerebbe un dettaglio, ma, col senno di poi, ho capito che
era un aspetto tutt'altro che trascurabile. Dopo Natale, infatti, fui vittima di un avvelenamento che mi ha quasi ammazzato: in
quell'occasione non ebbi modo di chiedere soccorso perché la procedura era complicata e io non ero in grado di decifrarla nell'idioma, lo spagnolo, che ancora non conoscevo. Eppure, nelle telefonate fatte prima di partire, avevo
messo al corrente la. dott.ssa
Greco del fatto che non conoscessi lo spagnolo. Lei mi aveva risposto che era
una lingua facile da imparare... Quando ebbi l'avvelenamento il collega con cui condividevo l'appartamento si trovava fuori città, a Merida, dalla sua fidanzata. Mi telefonò il capodanno per farmi gli auguri, e, nonostante l'avessi messo al corrente
delle mie condizioni di salute, non si preoccupò
di informare
nessuno dei colleghi presenti a Caracas. Mi disse che non poteva fare gran ché
da laggiù.
Caracas, dicembre 04 |
Il collega ritornò il 4 gennaio
mattina. Lui e la sua fidanzata entrarono in casa silenziosamente. Io ero sveglio ma non parlai, aspettai che si affacciassero alla mia camera. Ricordo ancora la sua espressione nel rivedermi. Sembrò deluso e abbattuto, abbassò la testa e rivolto alla
fidanzata disse che chiamava il pronto soccorso della
Sanitas.
Quando la dottoressa
e il suo assistente mi videro, sembrarono alquanto meravigliati di trovarmi
vivo: mi trattarono come se la mia vita fosse appesa ad un filo. Mi
prescrissero diversi medicinali e una serie di analisi.
Prescrizione Sanitas |
Il giorno seguente mi
alzai e scesi di casa diretto alla clinica per le analisi.
Per un errore di
comprensione con il tassista, non andai in una struttura Sanitas, bensì in
un'altra clinica poco distante dal quartiere dove abitavo.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
(In realtà l'informazione era molto precisa: Clinica Sanitas di Plaza Altamira, era impossibile sbagliarsi, cosicché sono certo che il tassista mi abbia voluto portare di proposito in un'altra clinica).
Tornato l'indomani per ritirare i risultati dei prelievi, fui spettatore di una strana rappresentazione: due infermiere discutevano sommessamente. L'argomento erano le mie analisi. Ad un certo punto capii ciò che dicevano: una disse all'altra che non era compito suo preoccuparsi del contenuto di quegli esami: doveva consegnarmeli e basta.
Eppure mi davano l'idea di essere entrambe molto comprese rispetto al mio "accidente" e che stessero cercando di comunicarmi qualcosa in più oltre a quello che dicevano.
Risultati alla mano,
telefonai al centralino della Sanitas per parlare con la dottoressa che mi
aveva visitato, dato che eravamo rimasti così.
La dottoressa mi chiese i livelli di alcune
voci delle analisi ed ebbe una reazione emotiva quando glieli comunicai. Mi
chiese di ripetere il risultato di un parametro in particolare. Dal tono, di voce sembrava che
stesse per piangere. Come se stentasse a credere a ciò che le comunicavo. Poi,
di punto in bianco, la linea venne interrotta dalla voce di un uomo, il quale
mi diceva che non potevo più parlare con la dottoressa perché era impegnata. Dovevo rivolgermi
direttamente ad una struttura Sanitas.
Così feci, nonostante
il mio aspetto e l'estrema debolezza. Il collega neanche stavolta si offrì di accompagnarmi ed
io gli evitai la molestia di chiederglielo.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Alla clinica "La Floresta" del quartiere Chacao, provai a spiegare cosa dovevo fare ma non mi riuscì molto bene. Ad ogni modo mi fermai lì, in una delle sale d'attesa del piano inferiore della struttura, dove si facevano le analisi. Ad un certo punto un'assistente si offrì di mostrare le mie analisi ad un dottore internista. Così mi disse.
Quando ritornò, mi
comunicò con un gran sorriso, che avevo avuto un dengue emorragico. Ebbi un certo sollievo a
quest'affermazione, non so se perché si capiva che ero fuori pericolo, o
perché, date le sue cause, non c'era dolo: il dengue infatti viene trasmesso da
una zanzara. Ai primi sintomi, invece, avevo pensato ad un avvelenamento, causato
dal prosciutto cotto lasciato in frigo dal collega.
Ad ogni modo presi
per buona questa interpretazione, nonostante nei giorni successivi, alcune
colleghe mi avessero invitato a sottopormi a una vera visita.
Io ero dell'avviso di
dimenticare quella vicenda quanto prima e preferii non approfondire. Né lo
comunicai ai miei familiari per non farli stare in pena.
Dimenticavo di dire che, pur avendo il numero della famiglia di Franco Chirico, che abitava a due passi da me (ma l'ho scoperto solo nel 2008), non mi ha neanche sfiorato il pensiero di telefonarli in quei giorni: sono certo che in tal caso le mie poche chance di sopravvivenza si sarebbero ridotte a zero...
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